le parole e le cose las meninas
Sei tra i personaggi raffigurati nel quadro e le due immagini riflesse nello specchio stanno guardando tutti verso questo punto. L’artista rappresenta una rappresentazione. Alla pars destruens che ha segnato l'avvio delle nostre considerazioni vorremmo ora far seguire una pars construens, e la prima mossa in questa direzione consiste nel cercare di comprendere meglio la funzione degli specchi dipinti, soffermandoci in primo luogo sulla relazione che lega lo spazio dell'immagine al luogo che ospita ciò che sullo specchio vediamo baluginare. Clown Bianco Edizioni è il marchio editoriale dell'Associazione culturale Clown Bianco. La bambina ha chiesto dell'acqua che le viene portata in un bucchero rosso da María Augustina de Sarmiento, una giovane aristocratica cui fa da contrappunto la figura di un'altra giovane, Isabel de Velasco, figlia del Conte di Colmenares. Pur chiamandosi Velázquez come secondo cognome, non c’è ragione di credere che fosse imparentato col pittore. Ma non tutti condividono questa interpretazione. Il dramma che si agita sotto i nostri occhi è il dramma del concetto filosofico di rappresentazione, di questo concetto che si radica nella soggettività ma non può parlarci del soggetto e che, d'altro canto, proprio perché è immerso nella coscienza, non può racchiudere in sé ciò che è trascendente - l'oggetto cui pure tende. La filosofia nelle immagini: Las Meninas di Velázquez e il concetto di raffigurazione - Paolo Spinicci - (Università di Milano) Questo è, a quanto so, il primo quadro dipinto dal punto di vista del modello e non da quello dell’artista. Ora, non è mia intenzione fornire qui una bibliografia degli scritti su Las Meninas, ma vorrei egualmente ricordare almeno due testi che, per ragioni diverse, è opportuno che qui citi. Ora, che la prospetticità dell'immagine potesse essere effettivamente percepita come una limitazione che si frappone ad un pieno godimento della forma è un fatto che traspare, per esempio, nel San Sebastiano del Pollaiolo, che costringe gli artefici del martirio a disporsi gli uni specularmente agli altri, in una danza di movimenti che ha innanzitutto il compito di mostrare ciò che di volta in volta la prospettiva ci nega. Ma come nel pensiero l’“io” di “io penso” non dev’essere necessariamente quello del sé (per esempio nella fantasia), e negli atti linguistici l’“io” di “io dico” non dev’essere necessariamente quello di chi parla o scrive (per esempio quando si scrive per conto d’altri), così in Las Meninas l’“io” di “io vedo” non è quello del pittore bensì quello della coppia reale. Foucault inizia il suo testo “Le parole e le cose”con una densa descrizione del celebre quadro di Velasquez, Las Meninas, 1656. Tanto basti per quanto concerne i caratteri superficiali del quadro. Per inciso, nella maggior parte delle riproduzioni di Las Meninas che si vedono abitualmente il lato sinistro del quadro è di solito abbondantemente rifilato, lasciando fuori gran parte della tela, senza dubbio perché gli autori di questo arbitrio la considerano una parte noiosa del quadro. A prima vista Las Meninas, o El cuadro de la familla (La famiglia reale) come il dipinto fu chiamato fino all’Ottocento, ci si presenta come una rappresentazione convenzionale, anche se spettacolare, di personaggi reali e di corte. E se alla nostra sinistra il dipinto è occupato dalla grande tela cui Diego Velázquez lavora, sulla destra compaiono altri personaggi minori: in primo piano vi sono due nani - l'una con le mani giunte, l'altro intento a stuzzicare un grosso e pacifico cane - mentre sullo sfondo si sono due servitori, che conversano tra loro, anche se uno si è proprio ora rivolto verso di noi. Le parole della filosofia, II, 1999. Accanto a lei c’è un altro nano (alcuni autori parlano di un “nano armonico” per distinguerlo dai nani acondroplasici, come Mari-Bárbola), Nicolasito Pertusato, che tiene un piede sul dorso del cane appisolato in primo piano. Un punto tuttavia le accomuna: Searle e Foucault sono convinti che lo specchio rifletta un punto esterno allo spazio del quadro e che questo punto non soltanto ospiti la famiglia reale che il Velázquez dipinto a sua volta dipinge, ma sia anche il luogo in cui lo spettatore deve porsi (o deve immaginare di porsi) per cogliere la scena così come il pittore l'ha vista (o ha immaginato di averla vista). L'abbiamo già detto: il quadro da cui abbiamo cercato di trarre lo spunto per le nostre considerazioni sul concetto di immagine è una delle opere più discusse dagli storici dell'arte moderna ed è divenuta, a partire da Foucault, meta di frequenti (ed animati) pellegrinaggi filosofici. Poscritto. Del rapporto tra le cose e le parole è noto e comunemente accettato che si configura variamente secondo le diverse lingue e che, all’interno di una stessa lingua, esso cambia secondo il tipo di società e di cultura. Un pittore (immaginato) si trova nel punto A, intento a dipingere un altro pittore. Non è come se B fosse uguale ad A, ma come se fosse uguale a un qualche altro punto C da cui uno dei personaggi del quadro guarda se stesso in uno specchio del quadro che l’artista a sinistra sta dipingendo. E tuttavia il trasformarsi di Susanna in uno spettacolo rubato e in una visione che la rende oggetto è già in qualche modo anticipato dal riflettersi del suo corpo nello specchio e, in parte, nella superficie oscura dell'acqua in cui si bagna. Compaiono allora le figure dei due Velázquez: l'uno, il pittore, intento a dipingere una grande tela che si nega al nostro sguardo, l'altro un maresciallo di palazzo che in comune con il pittore ha solo il cognome e che - prima di abbandonare la scena del dipinto - si volge verso di noi, disponendo la sua persona nella cornice della porta. Questo stesso ordine di considerazioni deve guidare la nostra comprensione dello specchio che troneggia nel centro del quadro. ... magistralmente introdotta con un commento del celebre Las Meninas di Velasquez). La vertigine prodotta da questo scivolamento si accresce ancor più quando riflettiamo sui rapporti fra lo specchio e altri due aspetti enigmatici del quadro: innanzitutto, gli occhi di sei fra i personaggi principali del quadro, oltre agli occhi dei personaggi riflessi nello specchio, sono concentrati tutti quanti su un punto esterno al quadro, il punto in cui ci troviamo noi osservatori; in secondo luogo, la faccia della tela su cui sta lavorando Diego Velázquez, una tela immensa che ha un grande rilievo nel quadro, ci è invisibile. Ed è proprio di questo sostituirsi alla realtà della raffigurazione in virtù dello sguardo di chi la contempla che il quadro di Velázquez ci parla, ora suggellando in un riflesso l'immaterialità dell'immagine, ora riconoscendo nel volgersi dei suoi personaggi che è sufficiente che vi sia uno spettatore perché la realtà si metta in scena. VELASQUEZ – LAS MENINAS. Questa non è solo una bambina, è l’Infanta di Spagna, e quello non è un pittore qualsiasi, bensì don Diego Velázquez, e via dicendo. Quando rompiamo la connessione fra il punto A e il pittore, rompiamo la connessione fra il soggetto del quadro e l’atto del dipingerlo. Ora, proprio come il mansueto animale che troneggia in primo piano, anche le molte vicende in cui si scandisce il quadro debbono destarsi dal torpore che le avvolge per convenire in uno spettacolo unitario, ed è proprio di questo esser divenute parti di uno spettacolo e quindi di un nuovo quadro che danno testimonianza gli sguardi dei personaggi rivolti verso lo spettatore che è appena giunto. Le parole e le cose una delle grandi opere del. Un discorso differente deve essere fatto a proposito di un libro bellissimo (Victor I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Le damigelle d’onore. _____ _____ di Stefano Docimo Foucault: l’oeuvre continue E così che ho cominciato a scrivere Le parole e le cose. Infatti, la questione dell’“attualità”, di ciò che segnala il disfarsi dell’orizzonte antropologico moderno, e quella del carattere instabile della modernità, come «evento radicale» (M. Foucault, Le parole e le cose, 1966, Rizzoli, Milano 1996, pp. E del resto come dubitarne, se tante persone rivolgono il volto e lo sguardo verso un identico luogo che fronteggia evidentemente la figura del secondo Velázquez? Ma quale scena? Dissociazioni analoghe fra il punto di vista e la sorgente della rappresentazione sono possibili anche in altre forme di rappresentazione. Il primo studio riportato nella monografia è Le damigelle d’onore di Foucault, contenuto in Le parole e le cose del 1966. Torna alla Pagina del seminario di filosofia dell'immagine. 4. Le due ragazze sono giovani aristocratiche di bell’aspetto, indossano abiti costosi e hanno acconciature eleganti. E ciò verso cui la tela tende si dà con chiarezza nel caso della raffigurazione: la raffigurazione c'è solo là dove si manifesta, ed è solo questo manifestarsi. Il quadro ritrae una coppia di sposi nell'istante in cui si celebra il loro matrimonio; alle loro spalle, tuttavia, uno specchio convesso mostra il proscenio dell'immagine che la cornice esclude alla vista: nello specchio vediamo che davanti agli sposi vi sono i testimoni del matrimonio che, con la loro presenza, rendono effettivo il contratto. Le parole e le cose è una delle grandi opere del Novecento in cui viene presentata un’“accurata inchiesta” archeologica del sapere. La scena comprendente Velázquez… E con le forme di rappresentazione autoreferenziali, se cerchiamo di specificare il contenuto della rappresentazione otteniamo in generale un regresso. Immaginiamo che la coppia reale e il pittore si scambino di posto. La tela su cui il pittore lavora occupa inoltre quasi l’intero bordo sinistro del quadro: il dorso grezzo della tela, interrotta solo dal telaio in legno e da una gamba del cavalletto, occupa un’area del dipinto maggiore di quella occupata da ognuna delle figure. Le considerazioni che abbiamo svolto sin qui sono sufficienti per cogliere in un esempio - la Venere con lo specchio (1555) di Tiziano - la conferma della tesi che abbiamo dianzi avanzato. Gombrich E. H., La storia dell’arte, Leonardo Arte, Milano 1997. Egli è pronto all’azione, ma si trova curiosamente a qualche metro dall’immensa tela su cui lavora, dato che doña María Augustina è chiaramente interposta fra lui e la tela. «Può essere che ci sia, in questo quadro di Vélasquez, come la rappresentazione della rappresentazione classica», scrive Foucault. Velázquez, del resto, di specchi se ne intendeva e se la Venere allo specchio (1644-48) può guardarci ciò accade soltanto perché il suo autore conosce bene le leggi della riflessione. La restituzione prospettica del Las Meninas che qui riproduco trae di lì la sua origine, ed è un argomento sufficiente per mostrare l'insostenibilità delle tesi di Searle e Foucault, - due tesi che non avrebbe senso cercare di difendere sottolineando la differenza, per certi versi ovvia, tra la libertà dell'artista e la normatività dell'ottica geometrica, poiché da un lato questa differenza è messa a tacere proprio dalla sostanza dei loro argomenti, dall'altro perché Velázquez non avrebbe mai spinto quell'ovvia distinzione sino al punto di scardinare la consistenza ottica e geometrica dell'immagine. Perché è un giornale internazionale. Find books Picasso, per esempio, si ispirò a esso per non meno di quarantacinque studi, e Foucault inizia la sua analisi del sistema di pensiero classico del Seicento, in Le parole e le cose, con una discussione di quest’opera giungendo alla conclusione che essa è forse “una sorta di rappresentazione della rappresentazione classica”. Queste considerazioni che abbiamo proposto un poco alla buona hanno trovato una loro illustrazione esemplare in un saggio del 1980 di Snyder e Cohen (Riflessioni su Las Meninas: il paradosso perduto. Foucault, nelle Damigelle d'onore (saggio raccolto nelle Parole e le cose,1966), sostiene E tuttavia sarebbe sbagliato non farlo, poiché il gioco di sguardi e di riflessi su cui siamo chiamati a riflettere deve comunque essere percepibile, e può esserlo solo se non si contravviene alla geometria che lo sorregge. E che scena sta dipingendo Velazquez? 1-lug-2018 - Esplora la bacheca "Foto sorelle" di Ilaria Galluccio su Pinterest. LAS MENINAS (in italiano Le damigelle d'onore) è un dipinto a olio su tela di 318 × 276 centimetri realizzato dal pittore Diego Velázquez.Viene considerata l'opera maestra del pittore andaluso, e venne terminata, secondo lo storico dell'arte Antonio Palomino, nel 1656.Il dipinto viene conservato nel Museo del Prado, a Madrid Innanzitutto, quando un artista, usando uno specchio, dipinge un autoritratto di tipo familiare e convenzionale, non viene violato nessun assioma della rappresentazione classica: anche se artista e oggetto sono identici nella lettura illusionistica, è ancora come se A fosse uguale a B; noi vediamo l’artista nel quadro come egli vide se stesso nello specchio. La filosofia nelle immagini: Las Meninas di Velázquez e il concetto di raffigurazione. Il libro si apre con una descrizione ed un dettagliato commento del quadro Las Meninas, di Diego Velázquez e della complessa composizione delle sue linee di piano e dei suoi effetti nascosti. La battaglia che vedo infuriare sulla tela c'è solo nel suo manifestarsi, e non si pone come una realtà che occupi un posto nel contesto del mondo, come accade invece per la tela e i pigmenti, che sono cose, la cui esistenza non è messa in questione dal fatto che ora al suo posto vedo ciò che in essa si raffigura. Che cosa ciò innanzitutto significhi è presto detto: uno specchio non è soltanto una superficie che restituisce a noi che l'osserviamo l'immagine di qualcos'altro, ma è anche la tela invisibile che cattura il nostro volto per lasciarlo scorgere dal luogo in cui si trova ciò di cui noi vediamo l'immagine. Doña Isabel non sta facendo un inchino, bensì si china per ridurre la parallasse. Non appena abbiamo detto che il quadro raffigura la scena O quale sarebbe dovuta apparire alla coppia reale, abbiamo detto implicitamente che la soluzione dei paradossi consiste nell’abbandonare la connessione tra il creatore e il punto A. Secondo gli assiomi classici, il pittore dipinge ciò che vede o che avrebbe potuto vedere o ciò che può immaginare di aver visto, e via dicendo, e almeno parte del rompicapo di Las Meninas a cui io ho alluso deriva dal fatto che il pittore non può soddisfare questa condizione per questo quadro. 1) Il quadro è dipinto dal punto di vista del soggetto, non del pittore. Abbiamo a che fare allora con una riflessione che è sì esterna allo spazio fattualmente racchiuso dalla cornice ma che non pretende per questo di infrangere ma solo di ampliare lo spazio figurativo in quanto tale. In tali casi l’artista dipinge come se avesse visto tali oggetti, o come se li avesse visti nella situazione in cui li dipinge. Designed by ThemeOrigin Questo blog utilizza cookie tecnici. Ora, le rappresentazioni visive di aspetti visivi di oggetti posseggono certi caratteri speciali di cui non partecipano altre forme di intenzionalità, e questi caratteri derivano dalle specifiche peculiarità della visione stessa. Consultare utili recensioni cliente e valutazioni per Le parole e le cose su amazon.it. Chroniques italiennes web16 (4/2009) CELLINI, LE PAROLE E LE COSE Cellini, le parole e le cose. Guardiamo questo quadro di Quentin Massys intitolato Il cambiavalute e sua moglie (1514): un uomo e una donna di estrazione borghese sono intenti a soppesare con infinita cura del denaro di cui debbono saggiare il valore, e tanto lo sfondo che ritrae alcuni libri e gli strumenti del loro mestiere, quanto l'attenzione che il pittore ha dedicato ad illustrare i dettagli in cui si scandisce la prassi meticolosa del loro lavoro sembrano dare al quadro una valenza eminentemente descrittiva: Massys ha voluto mostrarci un mestiere e la meticolosità consapevole di chi lo esercita. Al contrario, si possono rappresentare pittoricamente aspetti come il peso di un oggetto o la tristezza di una persona. Sulla parte di fondo, sopra la testa dell’Infanta, c’è uno specchio di dimensioni medie, alto forse un metro. La svela tuttavia, ed è questo un punto su cui riflettere, soltanto se lo specchio fa da tramite del nostro sguardo, se cioè nel suo riflettere conduce il nostro sguardo di spettatori dal luogo che dobbiamo idealmente assumere - il luogo che la costruzione prospettica ci assegna - alla tela che, nel suo divenire spettacolo per una soggettività, si anima della vita propria delle immagini. Ora, che cosa sta dipingendo esattamente il pittore che vediamo sulla sinistra? Sarebbe tuttavia un errore credere che l'unica funzione dello specchio consista nel restituire la completezza della forma: in realtà gli specchi possono mostrarci dettagli o aspetti che arricchiscono la dimensione emotiva dell'immagine. Questo paradosso diventa più profondo se ci poniamo la seguente domanda ovvia: Che cosa sta dipingendo l’artista sulla grande tela la cui superficie di lavoro ci rimane invisibile? La possibilità di stringere in un unico nodo riflessione interna e funzione transitiva del rispecchiamento mostra qui la sua condizione di possibilità, il suo necessario inerire ad un angolo di incidenza. Alla scena dipinta e visibile fa così eco un punto reale e invisibile: il luogo che il soggetto e l'oggetto dell'immagine occupano e che lo specchio si rivela incapace di catturare Nel suo tentativo di andare di là da se stessa, l'immagine si scontra così ancora una volta con il limite costruttivo che la caratterizza. Ma sarebbe opportuno, io credo, che lo leggessero anche gli altri. Il centro dell’attenzione (e il centro fisico della metà inferiore della tela) è occupato dall’Infanta Margarita, che aveva allora cinque anni, essendo nata nel 1651; il dipinto fu eseguito nel 1656. Certo, lo specchio dobbiamo inclinarlo: se lo osserviamo frontalmente il guardante e il guardato coincideranno - vedremo, in altri termini, solo la nostra faccia. Guardiamo il quadro: è un ritratto di Venere cui si affianca un Cupido che sorregge uno specchio su cui vediamo stagliarsi il profilo di Venere: abbiamo dunque a che fare con un evidente esempio di riflessione interna in senso stretto. Il Libro dei sogni ieratico che fu scritto in Egitto nel 2052-1778 A.C. in caratteri ieratici (geroglifici corsivi). Certo, in un quadro o in un racconto vi è molto di più di quanto non sia di stretta pertinenza della riflessione filosofica e ciò è vero soprattutto per un capolavoro come Las Meninas, ma ciò non toglie che il filosofo possa egualmente sfogliare il catalogo delle opere d'arte per trarre di qui qualche suggerimento utile per il proprio lavoro. La tela che, con la sua presenza di cosa materiale e opaca, copre una parte tanto ragguardevole della scena, svela così il suo aspetto immateriale soltanto nello specchio che ne riflette la dimensione puramente figurativa. Non solo una scena, ma come la scena apparve o avrebbe potuto apparire alla coppia reale. Nella lettura rappresentativa, le condizioni che devono essere soddisfatte comprendono questo fatto. Punto di riferimento per la cultura umanistica dal 1886. di Emanuele Franceschetti Chiunque decida di misurarsi con Il Conoscente di Umberto Fiori (Marcos y Marcos, 2019), si troverà ad affrontare uno dei lavori poetici più densi e significativi apparsi negli ultimi anni, ed intorno al quale – presumo e mi auguro – si dovrà ragionare lungo. Velasquez, Las Meninas "In questo quadro di Velasquez c'è quasi, forse, la rappresentazione della rappresentazione classica e la definizione dello spazio che essa apre. Esso allude innanzitutto ad un quadro che Velázquez dipinge nel 1656 e che può essere visto oggi al Museo del Prado. 2) Noi spettatori ci vediamo nello specchio, e quindi, nella lettura illusionistica del quadro, siamo Filippo IV e Marianna. È chiaro che sta dipingendo noi, cioè Filippo IV la sua reale consorte. Oltre alla consapevolezza di interi movimenti, come il surrealismo e il cubismo, che sono paradossali dal punto di vista della rappresentazione pittorica classica, noi tutti siamo abituati a disegni di Steinberg che disegnano se stessi mentre vengono disegnati, alle scale di Escher che salgono di continuo, di rampa in rampa, finché, sempre salendo, non veniamo a ritrovarci in basso all’inizio della prima, e a impossibili oggetti a tre corpi con due sole basi. 4) il pittore, avendo perso il punto di vista A, dipinge il quadro da un altro punto di vista all’interno della zona del quadro O. Da quel punto di vista egli sta dipingendo O, ma non può dipingere O da quel punto di vista perché il punto di vista che definisce O è A: a rigore O esiste solo relativamente ad A. Il pittore dipinge la scena che vediamo, ma non può dipingerla perché si trova in essa. In questo quadro non vi sono, una volta tanto, specchi, ma vi è - come spesso accade in Guercino - un gioco sottile tra uno spettatore interno ed uno spettatore esterno all'immagine. Nel caso della rappresentazione pittorica classica, gli oggetti sono rappresentati sotto i loro aspetti visivi, e un elemento cruciale nella loro rappresentazione è una somiglianza visiva fra la rappresentazione e la cosa rappresentata, precisamente in quegli aspetti sotto i quali la cosa è rappresentata. Ad un piccolo specchio convesso che può facilmente sfuggire alla nostra attenzione spetta tuttavia il compito di aprire la descrizione ad un'imprevista eco narrativa: lo specchio ci mostra infatti il volto preoccupato di un uomo che ha sicuramente a che fare con le operazioni del cambiavalute, ed una volta che questo dettaglio ci abbia colpiti è difficile negare alla scena una diversa drammaticità. Secondo la lettura di Foucault il tema espresso è quello della rappresentazione. In fondo alla sala, nel vano di una porta aperta, si staglia la figura di José Nieto Velázquez, aposentador o maresciallo di palazzo della regina, che è fra l’altro il custode degli arazzi della regina stessa. MICHEL FOUCAULT - Parte II ("Le parole e le cose - Un'archeologia delle scienze umane") Non Puoi Non Saperlo. Qui metterò da parte tutte queste forme di rappresentazione pittorica radicalmente paradossali e prive di senso e mi concentrerò su Las Meninas, mantenendomi all’interno dei canoni della rappresentazione pittorica classica. di Simona Carretta [È uscito da poco nella collana «Saggi letterari» di Mimesis Edizioni il volume di Simona Carretta Il romanzo a variazioni, che ripercorre le ragioni del ricorso di alcuni romanzieri contemporanei ai principi compositivi della musica, in particolare a quello delle variazioni su tema. Il punto su cui vorrei soffermarmi è un altro: vorrei mostrare come dallanalisi di uno degli aspetti centrali di questo quadro che tanto ci dà da pensare sia possibile trarre lo spunto per una riflessione più generale grammatica della raffigurazione pittorica. In Le parole e le cose – Michel Foucault introduce il concetto di epistéme. Punto di riferimento per la cultura umanistica dal 1886. Pubblicato per la prima volta in Francia nel 1966, Le parole e le cose costituisce uno spartiacque decisivo per la cultura e la filosofia del Novecento, una delle opere che più ha segnato il nostro modo di interpretare l’uomo e la società. Basta dare uno sguardo al quadro che si è venuto delineando sotto i nostri occhi, per rendersi conto che di un semplice ritratto non si può davvero parlare, e nemmeno di una scena di corte. Il filosofo, che enuncia la propria Las Meninas rappresenta l’Infanta in posa, mentre sappiamo che non lo era e forse le due damigelle, Maria Augustina de Sarmiento e Isabel de Velasco, stanno tentando proprio di convincerla. Alla sua sinistra c’è un personaggio decisamente sgraziato, la nana di corte Mari-Bárbola, la quale, come scrive la Trapier, “entrò al servizio di palazzo nel 1651 e ricevette nel corso degli anni vari favori, compresa una libbra di neve ogni giorno d’estate nel 1658”. Il problema nel caso di Las Meninas consiste nel fatto che questo quadro ha tutti i contrassegni visivi della pittura illusionistica classica ma non può essere portato in accordo con tali assiomi.
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18 dicembre 2020 Senza categoria
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